Geologia delle Dolomiti
Da atolli corallini a maestose vette argentee
Le straordinarie forme montuose delle Dolomiti, gli altopiani estesi, i flussi acquiferi, i boschi che contornano prati e alpeggi; l'aspetto magico delle Dolomiti ha nel tempo subito molte mutazioni, molti processsi, alcuni ripetuti più volte nel corso delle storia. Un processo geologico durato milioni di anni, un tempo inconcepibile per la mente umana, ma ci è voluto tutto ciò per ottenere la magia che ritroviamo oggi davanti ai nostri occhi.
Ripercorriamo in modo abbastanza sintetico senza trascurare le varie tappe la storia geologica delle Dolomiti e della Ladinia.
Il nome geografico Dolomiti è figlio del periodo dell'illuminismo. Fu infatti il geologo francese Déodat de Dolomieu (1750-1801) a battezzare le nostre montagne con il suo nome. Il geologo transalpino scoprì per primo la particolare natura della roccia presente nelle Ladinia, la Dolomia. Si tratta di una roccia sedimentaria carbonatica costituita principalmente dal minerale dolomite, chimicamente un doppio carbonato di calcio e magnesio. Dolomieu, nel 1791, fu il primo assoluto a studiare questo minerale e a fornirne una descrizione esatta.
Sempre il geologo francese si occupò dello studio dell'origine delle Dolomiti. L'indagine sulle leggi che governano il divenire della materia fu uno dei principali progetti dell'Europa di quell'epoca. Dolomieu scoprì il processo di formazione delle Dolomiti, formate da processi avvenuti in fondo al mare, il cosidetto processo litogenetico non con la più comune orogenesi., che nel caso delle Dolomiti è separato da quello litogenico da ca. 100-150 milioni di anni.
Le Dolomiti, con le loro successioni di rocce stratificate, nascono in profondità a partire dal Permiano, ben 270 milioni di anni fa nella tetide del Triassico. La nostra regione appariva come una enorme distesa alluvionale dal clima caldo e arido, i fiumi accumulavano detriti di ogni genere che in seguito si trasformarono in roccia solida, nota come Arenaria di Val Gardena. Circa 260 milioni di anni fa, con l’invasione del mare si formano depositi salini, bianchi e farnosi, e in seguito i sedimenti scuri detti Formazione di Bellerophon.
Nel periodo dell'Anisico, circo 235 milioni di anni fa, alcune porzioni si sollevano dal mare emergendo sotto forma di isole. Dopo poco tempo, in termini geologici, queste zone subirono un lento processo di subsistenza che portò allo sprofondamento delle isolette. Il clima che si venne a creare era di tipo tropicale, can acque calde e areate. Questo portò allo sviluppo di comunità organogene sulle masse delle isole sprofondate. Sono le forme primitive delle scogliere coralline che cercano di affrontare la subsistenza rimanendo costantemente a pochi metri di profondità. Oggi queste scogliere costituiscono alcune delle più famose montagne delle Dolomiti, tra le quali lo Sciliar, la Marmolada, il Catinaccio, le Pale di S.Martino, le Odle e il Putia. La roccia che le forma è detta Calcare della Marmolada o Dolomia dello Sciliar, mentre i sedimenti accumulati nei bacini adiacenti vengono chiamati Formazione di Livinallongo).
Alla fine del Ladinico, ca. 230 milioni di anni fa, nella regione dolomitica si formarono due imponenti vulcani, i quali emergendo dall’acqua riversarono un enorme quantità di lava lungo i pendii delle scogliere. Tale processo portò al riampimento dei bacini marini, formando interi gruppi composti da rocce vulcaniche: la catena del Padòn, il Col di Lana, la Cima di Pape, Piz del Corvo.
In seguito un improvviso brusco abassamento delle acque determinò l’emersione delle scogliere, delle formazioni vulcaniche e dei banchi carbonatici; provacando la fine del delicato ecosistema. Trattandosi di una friabile pietra calcarea, gli edifici vulcanici una volta esposti e erosi dagli agenti atmosferici diedero origine a gigantesche slavine di pietrisco che spianarono le forazioni vulcaniche erigendo le caratteristiche pareti a strapiombo che sembrano voler dar torto alle leggi fisiche.
A questo punto la regione venne sconvolta un violento periodo geologico, dove fenomeni tettonici formarono faglie le quali portarono alla deformazione e all’accavallamento delle rocce precedentemente deposte. Questa fase fu caratterizzata da terremoti, maremoti e grandi frane.
Superata la questa fase turbolenta, la regione alpina torna ad essere un mare tranquillo nel quale prosperano coralli, alghe e spugne; portando alla formazione di una nuova generazione di scogliere carbonatiche. Si tratta della cosidetta Dolomia Cassiana, molto meno sviluppata in altezza e più in larghezza; Testimonianza di queste rocce sono il Settsass e la parte inferiore del Sella. Nelle zone lontane dai precedenti fenomeni vulcanici, si creano bacini riempiti da un miscuglio di prodotti erosi e particelle calcaree. Stiamo parlando della Formazione di San Cassiano, il cui nome proviene dal paese della Val Badia e rappresenta un patrimonio notevole per la grande quantità di fossili in essa conservati.
Alla fine del Carnico, 223 milioni di anni fa, un nuovo abassamento del livello del mare comportò la fine delle scogliere coralline. La regione dolomitica si compose di ampi fondali coperti da poche decine di centimetri d’acqua molto agitata dl moto ondoso, e da porzioni emerse occupate da foreste. Nei sedimenti depositati in questi ambienti possiamo trovare fossili di grossi bivalvi, denti fossili di pesci e raramente qualche ossa di rettili; resti di vegetali spesso trasformati in carbone e le gocce di resina fossilizzata, l’ambra. L’ambra delle Dolomiti è tra le più antiche conosciute al mondo. Questi sedimenti formano La Formazione di Raibl di spessore modesto e di colore rosso-verde, presente nella cengia che taglia il Gruppo del Sella a mezza altezza, la base della Tofana di Rozes e le 5 Torri.
Durate il periodo del Norico 223 milioni di anni fa, un generale innalzamento del livello del mare che comportò un invasione periodica di molte porzioni di terra, porta alla deposizione di uno spessore enorme Dolomia Principale. Durante questo processo durato circa 10 milioni di anni si formò uno starto di ca.1000m. Una caratteristica della Dolomia Principale è la sua ciclicità, dovuta al suo processo di formazione, facilmente visibile sulle tante pareti dolomitiche composte da strati ragolari. La Dolomia Principale forma gran parte delle Dolomiti cadornine e quelli dell’Ampezzano come le Tre Cime di Lavaredo, il Cristallo, la Croda da Lago le 5 Torri, la Civetta e molte altre.
Con questo clima giungiamo all’inizio del Giurassico. L’intera Italia è coperta dal mare con un clima umido. Le dolomie e i depositi salini sono scomparsi lasciando il posta a calcari grigi molto ben stratificati. Tali calcari sono visibili sulla sommità del Pelmo, della Civetta e dell’Antelao.
Tra i 135 e i 160 milioni di anni fa la regione continua a sprofondare formando depositi di Ammonitico Rosso. Si tratta di un calcare caratterizzato dalla presenza della ammoniti.
Infine con il Cartaceo, qando tutte le cime che vediamo oggi si trovano ancora sotto il mare Tetide, si depositano le rocce più giovani della nostra regione, le Marne del Puez, materiali grigio-verdi decisamente teneri.
Dopo quest’ultima fase del processo litogenetico inizia il processo orogenico. Verso la fine del Cartaceo, ca 75 milioni di anni fa, le Dolomiti furono interessate dal progressivo avvicinamento del continente africano a quello europeo che comportò lo schiacciamento del materiale interposto e l’innalzamento dell’arco alpino. Le Dolomiti ebbero un forte impatto da questo processo negli ultimi 25 milioni di anni, dove emersero definitivamente dal mare, ma sopratutto negli ultimi 5 milioni di anni.
In questa ultima tappa della nascita delle Dolomiti, i corsi d’acqua ebbero difficoltà a defluire in un’ambiente composto da miriadi di torri e massicci erratici. Un’ambiente abituato a svilupparsi sotto il livello del mare e che doveva ancora allinearsi ai movimenti tettonici. Furono i processi di deflusso dell’acqua a creare la particolare configurazione del territorio dolomitico formato da terreni triassici e permiani visibili oggigiorno; dove i singoli gruppi montuosi non rispettano l’allineamento dell’arco alpino, allineato nella direzione da sud-ovest verso nord-est. Presenta invece una formazione tipica degli altolli corallini, di forma circolare attorno a uno spazio pianeggiante di origine vulcanica. Le resistenti dolomie rimasero sempre più isolate nel corso del tempo per il graduale spianamento dell rocce vulcaniche, molto più tenere. Quest’ultime diedero origine alle valli, ai passi e agli altopiani.
Particolare è altresi la colocazione geografica delle delle valli e di conseguenza dei passi e degli altopiani. Mentre l’arco alpino presenta fondamentalmente solchi che scendono dai due lati principali dello spartiacque, raccogliendo poi le acque in vallate allineate lungo le catene montuose, il sistema idrico delle Dolomiti è molto complesso. Essendo i singoli gruppi in origine delle isole, le acque scendono come i raggi di sole da tutti i lati creando piccole vallate a loro volta isolate dalle pareti della montagna principale.
Circa 2 milioni di anni fa le Dolomiti vennero infine ricoperte dai ghiacci. Questa glaciazione modificò fortemente la geomorfologia delle nostre montagne.
Dopo la glaciazione arrivarono le prime presenze umane che trovarono di fronte ai loro occhi un paesaggio che non differiva di molto da quello che conosciamo noi. La leggenda narra che un tempo le Dolomiti erano nere come il resto delle Alpi. Un giorno il principe di un antico regno sposò la figlia della luna. La fanciulla di rara bellezza e dall’animo gentile rischiava di morire di nostalgia per la sua terra natale. Allora il principe decise di stringere un patto con i salvans, la saggia popolazione primogenia protettrice di tutti i segreti della natura. Avrebbe garantito loro rifugio per sempre nelle alture e nei boschi delle Dolomiti se loro in cambio avessero rivestito le montagne con un vestito lunare.
E così avenne. In un’unica notti i salvans filarono i raggi della luna, tessero una fitta rete di luce e fili d’argento, e rivestirono l’intero paese del tenue pallore della luna. L’antico regno è ormai da tempo scomparso, conclude la leggenda, ma fino ad oggi nei boschi e sulle praterie d’altura si sente la misteriosa presenza dei salvans e le cime risplendono nel bianco chiarore della luna. La gente li chiama i Monti Pallidi.
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